Obiettivi e strategia prima, comunicazione dopo

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Articolo di Giulia Maria Picchi pubblicato su TeamSystem

Periodi di turbolenza come questo acuiscono la voglia e la necessità di ripensare all’assetto del proprio studio facendo delle riflessioni complessive sulla strategia, sull’organizzazione e, perché no, sulla comunicazione esterna e interna dello studio.

Non mancano nemmeno i professionisti che decidono di prendersi il rischio di uscire dalla struttura per cui operano per potersi misurare da soli col mercato, dando così un’accelerata al proprio percorso di carriera.

Quale che sia la posizione in cui ci si trova, è indispensabile fare una serie di riflessioni rispetto agli obiettivi che si vogliono raggiungere e alla strategia complessiva per riuscirci.

Un piano verso il cambiamento

Può essere utile a tal fine ricordare che esiste una nutrita serie di strumenti per aiutare i professionisti a farsi le domande giuste e a cominciare a metter per iscritto (lo sottolineo, per iscritto) un piano che metta chi si trova al vertice nelle condizioni di non fare scelte “giornaliere” sospinto dagli eventi ma che, al contrario, lo aiuti a guidare la propria struttura nel modo più possibile composto verso una meta prefissata.

Occupandomi di marketing, infatti, assisto fin troppo spesso al malinteso di fondo di tentare di demandare le scelte strategiche dello studio al piano di comunicazione quando dovrebbe essere invece evidente che le modalità -e prima ancora gli strumenti- che si decidono di usare per dare visibilità allo studio non possano che essere “la voce” del pensiero che c’è a monte.

Facciamo quindi un esercizio per rendere più chiaro quello che sto dicendo.

Prendiamo quello che viene spesso indicato come un obiettivo desiderabile: la crescita dello studio. Cominciamo subito col dire che scritto così non è obiettivo. Una speranza tuttalpiù, come quella di vincere al superenalotto.

Per farla diventare un obiettivo ci si può intanto riferire all’acronimo -lo so, un po’ datato ma sempre utile:

S.M.A.R.T. che sta per Specific, Measurable, Achievable, Realistic (in alcune versioni Relevant), Timely (in alcune versioni Timebound) e che indica i criteri che deve avere un obiettivo per definirsi tale.

Darsi sempre obiettivi precisi

Tornando al nostro esempio della crescita dello studio per essere “specifico” un obiettivo deve essere chiaramente identificato. “La crescita dello studio” è un modo vago di intendere una pluralità di possibilità: quali sono le aree su cui si intende crescere? É il fatturato che si vuole aumentare? L’utile? L’organico complessivo? Il numero di clienti? Il numero di partner? Il numero di servizi che si intendono offrire? Di che tipo?

Altro step: rendere misurabili le aree di crescita e definire i tempi

Identificate le aree della crescita è opportuno quantificarle per renderle misurabili altrimenti non si potrà mai capire se l’obiettivo è stato raggiunto o meno. Si vuole aumentare il fatturato? Di quanto?

Achievable e Realistic/relevant consentono di valutare se gli obiettivi che ci si sta prefissando siano effettivamente possibili da raggiungere, sfidanti ma allo stesso tempo non demotivanti e sempre comunque pertinenti rispetto alla visione complessiva che ispira lo studio (sempre sperando che siano stati fatti adeguati ragionamenti per mettere a fuoco la visione). Infine, gli obiettivi devono essere definiti nel tempo, ossia deve essere precisato l’orizzonte entro cui ci si aspetta di conseguirli -fa una bella differenza dire che si vogliono aumentare gli utili del 10% in 6 mesi o in 6 anni.

Quindi, riassumendo, è molto diverso dire “voglio che lo studio cresca” e dire “voglio aumentare del 40% il fatturato realizzato nell’area del diritto del lavoro con clienti di medie dimensioni localizzati nel sud della Francia e appartenenti al settore del turismo entro i prossimi 12 mesi”.

Come riuscirci?

È compito della strategia, cioè -per banalizzarla quel tanto che serve a venirne fuori- di quel set di domande preposte a mettere a fuoco “il come” si raggiungono gli obiettivi così definiti.

Tornando al nostro esempio, che cosa serve per aumentare il fatturato come sopra definito?

  • È necessario acquisire nuovi clienti o si può fare cross-selling e vendere loro servizi che magari al momento vengono forniti dai concorrenti?
  • Se è necessario aumentare il numero dei clienti, come si può fare? Attraverso l’ingresso di un nuovo partner con un proprio portafoglio?
  • Aprendo una sede in loco?
  • Attivando un desk?
  • E che tipo di azioni lo studio sarà disponibile a finanziare per aumentare il fatturato?
  • Vorrà essere presente ad alcune fiere in loco?
  • Saranno aumentati i viaggi per incontrare clienti già acquisiti e prospect?

Penso che a questo punto sia chiaro perché la comunicazione non può assolutamente sostituirsi alla strategia e come, al contrario, da quest’ultima debba prendere le mosse per delineare -questa volta sì- un piano strategico di comunicazione che supporti nel modo più adeguato possibile le decisioni prese a monte.